PALERMO – Giovanni Brusca non si smentisce confermando che Riina ordiva trame occulte con pezzi di Stato. Nel caso specifico il pentito ha confermato ieri, nell’aula del processo Mori, che “i cc non avevano rispettato i patti” meritandosi dunque di subir vendetta. Questo è quanto raccontatogli da Gaspare Spatuzza e la vendetta sarebbe riferibile al mancato attentato dello stadio Olimpico. Se si cerca di costruire la fabula della storia si capisce meglio il significato del periodo stragista di Cosa nostra. La mafia specialmente negli anni ’80 e nei primi anni ’90 ha commesso molteplici eccidi al solo scopo di “sistemarsi”. Ovvero cercare di ottenere determinati agi che si sono condensati il quel sudicio “papello”, balzato poco tempo fa agli onori delle cronache. Se ci atteniamo ai fatti le vicende successive alla trattativa ci riportano alla strage di via d’Amelio, segno di un accordo mancato o di promesse infrante. Mentre gli italiani sono sconvolti dall’efferatezza di tale crimine, la cupola è già al lavoro col suo ambasciatore Ciancimino senior. Cosa nostra infatti, insoddisfatta dei rapporti intercorsi fino ad allora con i propri referenti istituzionali, va alla ricerca di nuovi soggetti politici bramosi di una rapida quanto facile ascesa. Potrei fermarmi qui ma sento l’impellenza di citare lui, il sultanino gaglioffo. In quel periodo un pessimo imprenditore, che già aveva intrattenuto rapporti con siciliani poco raccomandabili (Mangano – ergastolano e sicario pluriomicida), sentiva l’esigenza di “scendere in campo” politico per dare degna rappresentanza alla classe media italiana. La verità però risiedeva nel fatto che questo nuovo messia tanto agognava quello che oggi chiameremmo un privilegio della casta, ma che all’epoca non era altro che un soverchio diritto dei politici, e cioè l’immunità parlamentare. Alcuni l’hanno anche simpaticamente ribattezzata impunità. A spalleggiare il baldo rampollo dell’imprenditoria edile milanese (di cui non farò il nome per non lederne la privacy) un giovane avvocato siciliano propenso a bazzicar fra coppole e lupare, sulla cui testa pende attualmente una spada di Damocle, ovvero una condanna in appello per concorso esterno in associazione mafiosa. Un bel quadretto se si pensa che questi due allegri bricconi sono gli attuali esponenti di maggior spicco della classe politica del bel paese. Ecco spiegato il motivo dello sbeffeggiamento che i nostri connazionali subiscono inevitabilmente all’estero ogni qualvolta si scopre che sono italiani: “Ah! ah! Berlusconi! – ops! l’ho nominato! – ah! ah! ah! is he really still the prime minister?” Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
