STOCCOLMA – Quando il marketing fa spallucce ai diritti delle donne. E’ la nuova infuocata polemica partita dalla Svezia, casa-madre del colosso mondiale del mobile low-cost. A far discutere l’opinione pubblica svedese è stata la volontà della multinazionale di genuflettersi ai costumi islamici sauditi. Il catalogo illustrativo dei prodotti è identico in 43 paesi al mondo ed è distribuito in 208 milioni di esemplari. Fatta eccezione a quello destinato al mercato saudita: rigorosamente “girl-free”. E in Svezia scatta la bufera. Si tratta di un atteggiamento “Medievale” ha recitato in un cinguettio il ministro svedese per l’Europa Birgitta Ohlsson . L’Arabia Saudita ha regole molto rigide per quanto riguarda la segregazione dei sessi: le donne non possono guidare e hanno bisogno dell’autorizzazione dei propri tutori maschili per viaggiare o ricevere cure mediche. Posizioni antitetiche alla visione occidentale del ruolo della donna. Soprattutto in un paese, quello svedese, che da sempre è in prima linea per le battaglie per l’uguaglianza tra le donne e gli uomini. A sollevare la polemica è stata la free press:è stata l’edizione svedese del quotidiano “Metro”, a mettere a confronto il catalogo standard con quello specifico per il mercato saudita. Stessi scatti, ma con un dettaglio in meno: le donne.
IL VESPAIO DI POLEMICHE – “Non si possono cancellare le donne dalla realta’. Non permettendo loro di essere viste o sentite, o di lavorare, l’Arabia Saudita spreca meta’ del suo capitale intellettuale” ha affermato il ministro del Commercio, Ewa Bjorling. “ «La nostra società ha un codice etico molto chiaro e la parità tra uomo e donna è elemento fondante». Nel comunicato esprime rammarico sottolineando di «aver dovuto reagire prima» e che «l’esclusione delle donne dalla versione saudita del catalogo è in conflitto con i valori del gruppo Ikea».
IL PRECEDENTE – Ikea sessista? Strategie di marketing troppo liquide? In realtà, il colosso svedese, altro non ha fatto che emulare quanto accade già negli spot che adornano il mercato pubblicitario saudita. Le donne, infatti, compaiono di rado nelle pubblicità in Arabia Saudita, e quando avviene, tassativamente indossano abiti lunghi che coprono completamente la pelle (mani comprese), e ilvelo deve celare il più possibile il volto e la chioma. Se si pensa che, in passato, Starbucks si sentì costretta di togliere la donna dai capelli lunghi dal suo logo, lasciando solo la corona. Il caso, se vogliamo analizzare le logiche di marketing, è ancora più grave: si altera l’immagine anche solo stilizzata della donna. Ben peggio che l’uso del gommino di Photoshop.