MILANO – Eros Ramazzotti terrà, nei prossimi giorni, un concerto a Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan. Una cosa apparentemente normale per un cantautore di fama internazionale, se non fosse che l’Uzbekistan ultimamente si distingue per essere governato col pugno di ferro da Islam Karimov. Human Rights Watch e Amnesty International non hanno esitato a paragonare i metodi del governo uzbeko a quelli repressivi usati in Coreal del Nord e Birmania. Dunque non proprio un bel biglietto da visita per il paese asiatico e ancor meno il posto migliore in cui esibirsi per un uomo di spettacolo. Soprattutto se l’evento, nonostante si tratti del concerto di chiusura di un festival culturale, è organizzato dalla potentissima figlia del presidente Karimov, Gulnara.
DISSIDENTI – In una lettera al Corriere della Sera, alcuni dissidenti uzbeki e le associazioni per i diritti umani hanno chiesto a Ramazzotti di non suonare e dare i soldi del cachet in beneficenza. In attesa di capire cosa ne pensa il cantante, ha parlato il suo manager, Fabrizio Giannini: “Questo qui è un concerto a pagamento, non una convention, ed è difficile prendere una posizione per noi. La nostra agenzia, la Trident Management, ha fatto le verifiche e ce lo ha proposto. Non mi sono informato su altro. Non so nemmeno dove sia l’Uzbekistan”. Più o meno la stessa scusa di Hilary Swank: l’attrice partecipò nei mesi scorsi ad una festa organizzata da Karimov per il “collega” ceceno Ramzan Kadyrov. Attaccata dai suoi fan, l’attrice si è scusata così: “Non mi ero resa conto di chi fosse Karimov”. Ramazzotti e la Swank, però, non sono gli unici ad essere finiti sul libro paga del dittatore: Sting, Ennio Morricone, Eva Mendes, Kevin Costner, Rod Stewart, Julio Iglesias, ma anche il Barcellona di Joan Laporta, che accettò 10 milioni dieuro per delle amichevoli con la squadra dei Karimov. Tutti sono bravi a dichiararsi sostenitori dei diritti umani, ma quando arriva gente con la valigia piena di dollari o euro, le cose vanno leggermente in maniera diversa. Purtroppo.