Nessuno è profeta in patria: il detto è arcinoto, ma vero. Fabio Grassadonia e Antonio Piazza ne sono esempio evidente: presentata la loro pellicola a Cannes, nell’ambito della Semaine de la critique, dal titolo Salvo, i due registi palermitani sono stati letteralmente investiti da scrosci di applausi e commenti entusiastici dagli addetti ai lavori. Eppure, in Italia, il loro lavoro è semisconosciuto:“ Grazie alla menzione al Premio Solinas abbiamo trovato i due produttori italiani, Massimo Cristaldi e Fabrizio Mosca. Ma nessuno di noi si aspettava tanti anni di attesa, molto dolorosi. Spesso con la paura di non farcela. Non voglio fare polemica ma arriviamo qui a Cannes grazie a una tv francese. Non c’è nessuna tv italiana tra i finanziatori”. I due esordienti quarantenni non hanno peli sulla lingua quando si tratta di fare il bilancio sul peso artistico del loro operato in Italia:“La situazione riflette il percorso di questi anni. Grande consenso per il nostro cortometraggio, Rita, a livello internazionale. Grandi attese per questo film, Salvo, all’estero. Invece in Italia siamo totalmente invisibili. Se ti discosti da un certo cinema, quello delle commedie patinate e commerciali, difficilmente trovi interlocutori. Eppure il nostro film è costato solo un milione di euro”.
Un vero peccato, perchè Salvo, in gara anche nella competizione per il miglior film esordiente in tutte le sezioni del Festival, nella quale si vince la prestigiosa Camera d’Or, non è solo un film di mafia. Il lungometraggio sa mixare con intelligenza vari generi: abbiamo il sottotesto mafioso, con il protagonista, Salvo(interpretato dal giovane attore palestinese Saleh Bakri), killer tuttofare di un boss locale, che uccide il rivale di quest’ultimo e che, a sorpresa, assiste ad un miracolo inaspettato: la sorella non vedente della vittima, Rita( interpretata da una bravissima attrice esordiente, la 23enne Sara Serraiocco), improvvisamente riacquista la vista; da questo evento che sconvolge la vita di Salvo, a tal punto da non fargli impugnare nuovamente l’ arma e fare fuoco contro la ragazza, si snoda la vicenda umana ed insieme, sentimentale, che mostra come il confine tra amore e morte possa essere in realtà più labile di quanto non sembri. E non manca il clima da spaghetti western “figlio” di un certo cinema italiano d’autore dei gloriosi anni che furono, anni ai quali Piazza e Grassadonia guardano con nostalgia.
Realizzato con un budget “ridicolo” rispetto al canone standard di Cinecittà, Salvo vanta un cast tecnico ed attoriale di altissimo livello. A fianco ai giovani protagonisti, vi è un Luigi Lo Cascio irriconoscibile, nel ruolo di un bottegaio soggiogato dal potere che il boss esercita( dunque ben lontano dalla coraggiosa interpretazione di Peppino Impastato ne I Cento Passi di Marco Tullio Giordana), che con il suo personaggio garantisce quella nota di humour nero indispensabile per non “appesantire” una pellicola pregna di argomentazioni molto impegnative.
Chissà se, dopo le luci della ribalta francesi, i due registi riusciranno ad essere acclamati anche nella loro città, nella loro Nazione. Sarebbe per Antonio e Fabio la più gratificante tra le vittorie.