PESCARA – Lo stesso governatore Chiodi aveva detto venti giorni fa che il ticket da 10 euro per le visite specialistiche è “eccessivo e penalizzante”. Alla fine, pur non essendo dello stesso parere, il presidente della Regione Abruzzo è stato costretto a imporla perché Roma ha bocciato le possibilità proposte. Chiodi cerca, ora, di rassicurare gli abruzzesi dicendo che a pagare saranno solo il 30% dei cittadini, cioè 36mila 151 euro l’anno. Il rimanente 70% “è esente o per patologia o per reddito”. Il vice capogruppo regionale dell’Idv, Cesare D’Alessandro, non è d’accordo: secondo lui saranno molti di più i paganti. “Tutti sappiamo che il sacrificio ricadrà soprattutto sulle famiglie che vivono di lavoro dipendente, quelle che non nascondono nulla al fisco. Una famiglia con due lavoratori dipendenti a reddito basso quasi certamente dovrà farsi carico del ticket. A scampare alla tassa invece saranno i soliti noti, o meglio ignoti, ovvero gli evasori totali e parziali”. Il Pd sostiene però che altre soluzioni avrebbero consentito di trovare i soldi, evitando l’applicazione del ticket: si sarebbero dovute tassare le visite inutili del pronto Soccorso, che dilatano i tempi e sono spese aggiuntive immotivate. Il capogruppo del Pd sostiene: “Tra le ipotesi da prendere in considerazione, c’era anche la possibilità di allungare ulteriormente nel tempo alcuni mutui o le cartolarizzazioni. Era importante tentare altre manovre perché il ticket sulle prestazioni ambulatoriali è la tassa più odiosa, un balzello che colpisce il malato che ha bisogno”. Infine, il Pd mette in dubbio la veridicità dei 255 milioni di euro da destinare a nuovi investimenti sanitari, come sottoscritto tramite un accordo datato 3 agosto tra il commissario Baraldi e i sindacati.
