A margine della sua sfilata uomo, Giorgio Armani ha sentenziato così, in conferenza stampa: “La moda è delle banche!”. Una conferenza nella quale Armani non ha avuto mezzi termini, e nella quale ci sono stati diversi momenti di attacchi e polemiche: Armani ha così rivendicato la sua indipendenza, criticando quelle che chiama baracconate, sostenendo l’esistenza di un intreccio tra moda, finanza e giornali.
In alcuni passi Armani dichiara: “È da un po’ che ve lo volevo dire e adesso ve lo dico. La moda è delle banche, della borsa, non è più dei proprietari ma di qualcuno che gli sta sopra. L’influenza delle banche su questo business non è un mistero, e poi le banche influenzano i giornali che fanno i titoli e influenzano a loro volta… invece io credo che bisogna fare e mostrare cose che piacciano al pubblico per ciò che sono. Se si dice bene di una sfilata, non per gli abiti piacevoli ma per motivi diversi, il nostro lavoro é in gran parte annullato. Puoi fare la sfilata più bella, ma se non hai un certo tipo di supporto.”. Invece “la sfilata deve servire a mostrare qualcosa che abbia un senso portare, al di là del titolo strillato che è comunque difficile avere se fai una moda come la mia, che si rinnova ma è fedele a se stessa. È difficile far parlare di una collezione, anche se poi ti dicono che una collezione come la tua non la sa fare nessuno”.
E Armani non intende essere soggiogato da queste logiche. Infatti prosegue dichiarando: “Ho molti dubbi, non mi appartiene, c’é dietro qualcosa che non mi compete più, non è giustificato parlar bene di una cosa solo perché c’é qualcosa di molto importante che la sostiene. Io sono indipendente, ecco! Io dipendo solo dalla creatività mia e dei miei collaboratori». La polemica diventa ancora più diretta, con nomi e cognomi: «Miuccia Prada ha scelto la strada dell’ironia, del cattivo gusto che diventa chic e dello chic che rasenta il cattivo gusto, nel suo genere è geniale, come lo sono i due Dolce e Gabbana. Mi infastidisce però pensare che si dà spazio a un titolo che osanna la collezione, e si sa perché si fa, anche se qualche volta la collezione è brutta. E scommetto che quel tipo di prodotto è venduto in misura molto relativa”.
E ancora: “Il mio nome é importante, fa anche da traino per la moda italiana, quindi comunque mi pubblicano, ma c’é chi usa invece un investimento importante per un ritorno che sia la borsa o altro. Per me la sfilata è una grande verità e vi è legato un grande risultato: io non faccio sfilate di accessori!”. E con tono polemico, sottolinea il cliché dei competitor: “Ho perfino letto un titolo che diceva ‘strepitosi foulard’”. La questione di una moda reale e veritiera “la sento molto”, ha spiegato, “soprattutto per quanto riguarda l’uomo: se facciamo le sfilate perché giunga un messaggio al pubblico, non dobbiamo baracconare l’uomo, perché è un insulto al genere maschile! Il mio è un uomo che si adatta ai tempi senza cadere nel ridicolo, senza essere vittima dello stilismo per accontentare la stampa che non si accontenta”. Riguardo a Prada, Armani, dice: “Per fare sottigliezze bisogna avere cultura di moda, loro, gli orientali, si avvicinano alla moda in modo naif”.
Riguardo alle quotazioni in borsa Armani risponde: “Io non ho debiti. Il loro problema invece è restituire i soldi che le banche hanno sborsato per rendere forte il nome di Prada. Ci può essere la borsa, ci può essere un’aggregazione di partner, ci possono essere tanti mezzi e la borsa è uno di questi, ma per il momento non mi sento di avere davanti alla porta dei manager, magari della Thailandia, e sostenere un confronto che, essendo stato solo tutta la vita, sarebbe rinunciatario”.
Per Giorgio Armani la moda dunque non sarebbe più libera ma: “È da un po’ che ve lo volevo dire e adesso ve lo dico. La moda è delle banche, della borsa, non è più dei proprietari ma di qualcuno che gli sta sopra. L’influenza delle banche su questo business non è un mistero, e poi le banche influenzano i giornali che fanno i titoli e influenzano a loro volta. Invece io credo che bisogna fare e mostrare cose che piacciano al pubblico per ciò che sono. Se si dice bene di una sfilata, non per gli abiti piacevoli ma per motivi diversi, il nostro lavoro é in gran parte annullato. Puoi fare la sfilata più bella, ma se non hai un certo tipo di supporto.”. Invece “la sfilata deve servire a mostrare qualcosa che abbia un senso portare, al di là del titolo strillato che è comunque difficile avere se fai una moda come la mia, che si rinnova ma è fedele a se stessa. È difficile far parlare di una collezione, anche se poi ti dicono che una collezione come la tua non la sa fare nessuno”.