Continuità e novità. Questo è il binomio su cui si reggono le solide fondamenta del romanzo “Sangue solo” del giovane e promettente scrittore Francesco Romano.
Continiutà rispetto ad una tradizione di genere ormai consolidata: dal Dracula
di Bram Stoker alla recente rivisitazione, in chiave moderna, della saga di Twilight o di New Moon, per citare le più note al grande pubblico del terzo millennio.
Ebbene, mugugnerà il lettore, un altro romanzo di vampiri? Non ce ne sono
già abbastanza? Era proprio necessario ritornare sul tema?
Una solo risposta all’ultimo dei quesiti che, in fondo, li riassume tutti:assolutamente sì!
Sì era necessario. Perché in questo romanzo – e torniamo al binomio di cui
sopra – si può riscontare un innegabile elemento di novità.
La novità è costituita dalla prospettiva. Pur riconoscendo e perpetuando le
regole classiche di questo filone narrativo, Francesco Romano ribalta, appunto,
la prospettiva.
Provo ad argomentare meglio la mia affermazione.
Alex, il protagonista di Sangue Solo, non è nè il vampiro di Stoker, nè quello
della Meyer (anche se, per puro caso, o per un’impertinente citazione, il nostro
eroe porta il cognome di quest’ultima). Il vampiro di Sangue Solo è più uomo
degli stessi uomini che gli fanno da comprimari.
Rappresenta il paradigma di un risveglio, di una resurrezione: personifica la
rinascita di un’umanità ormai sepolta dalla società cosiddetta civile e dalle
sue perfide regole. In questo senso il romanzo diventa metafora di un inno alla
vita, molto più che alla morte.
Alex ritrova la vita attraverso la morte, cioè per il tramite di un’irreversibile
“dannazione eterna”; ovvero la stringente necessità/dipendenza del vampiro,
di un non-vivo, dal mondo dei vivi.
Alex Meyer è l’uomo che non ha mai vissuto davvero.
Traboccano i nostri giorni di uomini come Alex Meyer; uomini che afferrano
in extremis il vero senso della vita: proprio all’ultimo momento, quando
questa sta per sfuggire, per sfilacciarsi senza possibilità di riscatto.
Il vero mostro non è l’Alex-Vampiro ma l’Alex-Uomo.
Il protagonista del libro, pur rinnegando e temendo la sua natura di mostro,
ritrova, grazie al suo alter ego, la propria vera ed unica dimensione umana, pur
affrancata dai limiti che da quella dimensione, immancabilmente, derivano.
Siamo davvero al paradosso: un uomo che scopre la propria prorompente
umanità nel momento della sua trasfigurazione mostruosa…
È la notte il sacrario di questa avventura, il luogo o la dimensione in cui Alex,
fin da bambino, si riconosce. Lontano dalla menzogna sociale, lontano dalle
rigide ed ipocrite regole che ne scandiscono il ritmo, quello diurno, se non altro.
Nel regno sovrano della notte, Alex si sente finalmente vivo; in essa trova
ristoro la sua sete di libertà.
È un grido di pura anarchia!
Così Alex vampirizza quella società che, da vivo, ineluttabilmente lo aveva
disconosciuto e bollato come un “diverso
