E’ di nuovo scontro in Turchia tra militari e governo dopo le dimissioni, venerdì scorso, 29 luglio, del capo di stato maggiore generale e dei comandanti di esercito, della marina e aviazione. La decisione – senza precedenti per la Turchia moderna – è legata agli arresti, avvenuti nei mesi scorsi, di alti gradi delle forze armate, accusati di fare parte dell’organizzazione segreta Ergenekon, ed è stata provocata dal rifiuto del premier Erdogan di promuovere militari che sono attualmente in carcere in attesa di giudizio. Il capo del governo ed il presidente della repubblica Gul hanno hanno cercato di minimizzare, ma il gesto dei militari è clamoroso sia perché non era mai successo in precedenza, sia perché erano anni che i militari non lanciavano un messaggio così pesante alla politica. Esso rappresenta l’ennesimo, forse l’ultimo, capitolo del conflitto tra il potere militare e il governo dell’Akp che si trascina da anni. Alla base c’è ancora una volta la vicenda dei piani veri o presunti per rovesciare il governo islamico-moderato, accusato di voler minare la fondamenta laiche della repubblica kemalista attraverso la riforma dell’attuale costituzione. Intanto, da oggi e fino a giovedì, si riunisce il Consiglio supremo militare, presieduto congiuntamente dal premier Erdogan e dal capo di stato maggiore generale ad interim, Ozel. Nelle prossime ore il governo dovrebbe poi nominare i nuovi capi militari. Sarà molto importante vedere quali saranno i nomi indicati. Per tradizione è il capo dell’esercito a essere poi nominato capo di stato maggiore generale e gli ufficiali in lizza sono tutti di provata fedeltà laica e kemalista. Altro aspetto da non sottovalutare, è l’importanza economica delle forze armate armate turche, che costituiscono una vera e propria holding imprenditoriale e finanziaria.
