Le immagini del video reportage diretto dall’americano Matthew VanDyke fissano in modo inequivocabile una realtà di guerra, quotidiana e disumana, che dilania la Siria mietendo vittime ogni singolo istante di ogni maledetto giorno. Il numero di chi è caduto nella guerra civile che devasta il paese ormai dalla primavera del 2011 ha superato quota 100.000, di cui mille solo nell’ultima settimana. Mentre la comunità internazionale plaude alla convergenza diplomatica tra Usa e Russia e il rapporto degli esperti dell’Onu certifica l’uso di armi chimiche nell’episodio di Ghouta del 21 agosto, dalle rovine delle strade di Aleppo giungono fino a noi le esperienze di vita e di morte di Mowya, nickname di un combattente dell’Esercito Siriano Libero, e Nour, una fotografa. Le voci che si levano sono grida di orgoglio e di consapevolezza. Per Mowya si combatte per avere un governo libero, per avere il diritto di scegliere. L’obiettivo a cui anela è la fine della dittatura perchè “non importa quale governo ci sarà, può piacere o meno. L’importante è che ci sia democrazia”. Nour invece, turbata dalla morte di un amico 19enne, con tono fermo e fiero grida al mondo che “continuerò a combattere, non mi arrenderò mai anche se dovrò morire”. La tragicomica speranza finale dei due è che il video, per la presenza nelle riprese di un gatto, spopoli su youtube spingendo gli americani ad intervenire, “not for the people but for the animal”. Intanto si resta inerti, a guardare
